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La mostra.

1950/2000 è una mostra che vuole celebrare l’Arte leonicena. Una città il cui fermento culturale è sempre più vivo, tanto da apprezzare personalità tanto diverse, quanto legate da un unico fine: la pittura. Pittura passionale, [è veneto, perciò i suoi colori bruciano affermò Heinrich Pfeiffer a proposito di Fratel Venzo], sopraffina e indagatrice dell’animo dell’artista – genio, colorista, religioso, espressionista, iper/realista, astratto, accennato ed interprete del proprio tempo – che, in soavi pennellate, acuisce i sensi di chi guarda, spettatore finale di stesure che appaiano sia su tele grezze o nell’attenta ricerca per comprendere una pittura che va al di la della fotografia. Pittura di concetto, fatta di pensiero e modulazioni di luce, percettive sensazioni che, a volte, defluiscono in drammi interiori, ghirigori della mente che sfociano in un nuovo mondo, un flusso di coscienza che porta l’artista, ad una nuova consapevolezza. Pittura che vuole spingersi sempre più in la, avvicinandosi alla rappresentazione dell’Io, forma e sostanza presente in tutte le cose. Pittura e oltre, 10 tecniche, 10 stili differenti, il demone dell’arte che entra dentro e rapisce lo sguardo, odore dell’olio e odore dell’acrilico o sensibilità di uno scatto, riuniti, oggi, in questa grande festa.

La rassegna non intende certo redigere improbabili bilanci di alcuni decenni d’impegno creativo, ma far conoscere personalità assai diverse e non sempre in diretto rapporto tra loro. Fra’ Terenzio Quirino Barbone giunse a Lonigo, ospite del convento francescano, e ivi si dedicò non solo al restauro ma anche a una personale produzione fortemente ancorata alla tradizione con evidenti richiami all’arte del seicento. Mario Venzo, noto generalmente come Fratel Venzo, approdò alla vita monastica in età matura, dopo aver frequentato l’Accademia di Belle Arti e aver vissuto alcuni anni a Parigi; trascorse alcuni anni a Lonigo, instaurando fecondi rapporti d’amicizia e d’arte con Claudio Cuman ed Emilio OboeAccomuna i tre pittori, diversi per temperamento e personalità, un vivo senso del colore che attinge da un lato a innegabili radici venete, dall’altro alla lezione di artisti come Gauguin, Matisse e i “fauves”. Se Venzo è – a partire almeno da quegli anni – marcatamente espressionista, Cuman è costantemente teso a conciliare tensione emotiva e un innato bisogno di ordine e misura. Oboe, infine, da un felice lirismo cromatico evolve negli ultimi anni verso una sofferta indagine della natura, sotto il segno sempre dell’autenticità. Gino Lazzarin si dedica come fotografo inizialmente al reportage (peraltro mai abbandonato), per sperimentare poi in anni recenti le tecniche digitali e con esse cercando significative assonanze con la pittura contemporanea. Manlio Onorato, dopo gli esordi figurativi, approda ad una pittura rigorosamente aniconica, volta a esaltare di volta in volta per contrasto o per assonanza la luminosità del colore, fino all’assolutezza del bianco. Da un approccio naturalistico prende le mosse l’opera di Hermes Vanzan, una pittura “colta” e fruibile con immediata facilità e non identificabile con il termine di arte fotografica, in quanto va al di la dell’oggetto rappresentato, analizzando la quarta dimensione, ossia ciò che l’oggetto nasconde. Anna Maria Trevisan, attinge a piene mani dalla tradizione, traendo continui spunti dalla storia, come se questa fosse un immenso magazzino di argomenti e temi che l’artista contemporaneo riassume su di sé per mettere in luce ciò che diventa essenziale per noi. Giorgio Dalla Costa è un rivelatore di universi interiori, ribaltando ed annullando le distanze tra pittura e scultura per portare sulla scena il necessario cortocircuito tra spirito e materia. Alessandro Lazzarin, infine, dalle iniziali esperienze fotografiche si è spinto ad esplorare le nuove tecnologie, attento però sempre a preservare con le impressioni visive la fragranza delle emozioni. 

COME ARRIVARE