Incontrare un’opera di Giorgio Dalla Costa significa chiudere gli occhi, trattenere il respiro e lanciarsi nel vuoto più assoluto. Attimi, secondi, momenti in cui percepiamo tutta l’essenza della vita. Sarà forse la sua capacità di trasmetterci infinitesimali sensazioni di totalità esistenziale, o forse la rara indole taumaturiga raccontata in sferzate su una tela immacolata, ma al cospetto di una delle sue tele sentiamo un profondo senso di iniziale smarrimento che ci conduce, inesorabilmente, ad una maggiore consapevolezza di noi stessi. Sono come specchi per l’anima attraverso i quali non sentiamo più doveri, imposizioni, obblighi ma possiamo finalmente essere noi stessi interrogandoci sul senso del creato. Dipinge all’aperto, Giorgio Dalla Costa, catapultando la forza della natura e del cosmo più profondo in un’azione perentoria e conclusiva che non ci lascia scampo. L’unica via d’uscita è immergersi consapevolmente in un racconto esperienziale sempre al limite tra realtà e percezione, follia e ragione, incubo e sogno di una notte passate al chiaror delle stelle. Vicentino classe 1970, Giorgio Dalla Costa ha da sempre seguito un istinto iniziatico che lo ha avvicinato ad una pittura gestuale di matrice astratta le cui congiunzioni possono essere ricamate su grandi maestri del passato, siano essi Minimalisti, Spazialisti o Espressionisti astratti. La forza intrinseca della sua pittura ci porta a fonderci con un’entità pittorica capace di trasportarci in dimensioni altre con squarci ed aperture inaspettate che superano le superfici dell’opera per rivelarci l’impalpabile essenza di coloro che si oscurano in oceani di luce. Varchi e sentieri che raccontano le oscurità degli abissi e le vette più innevate. Le trame di pennellate sferzate dal vento sono dunque pigmenti di vita, colori dell’anima, gesti comportamentali di chi ha fatto dell’esperienza vissuta la primaria fonte d’ispirazione. Ecco dunque che la forza astraente di questa gestualità si trasforma in conturbante estasi sonora e tangibile policromia significante: Giorgio Dalla Costa evoca la nostra memoria più profonda veicolando l’immagine in un’assenza di plasticità corporea che si fonda sui principi fondanti la vita. è l’universo intero che viene raccontato con i tratti peculiari di una ricerca sempre fondata sul gesto e sul colore. Rossi, gialli, blu, ocra, neri che improvvisamente diventano vivi e sempre in movimento, la cui mutabilità dipende dal nostro vedere e riconoscersi in questa pittura evocativa e, per molti aspetti, sensoriale. Nasce quindi la visione d’insieme di un lavoro compartecipato allo spettatore che viene posto nel medesimo luogo del Regolo di William Turner: silenzioso e ammutolito di fronte al nascere del sole.