CRISTO DI SAN JUAN DE LA CRUZ
Dalì pone il punto di vista dall’alto, posizionando la figura di Cristo di scorcio. Per realizzare l’ottica di visione, Dalì si creò un modello che osservava dall’alto attraverso un pavimento di vetro. Di questo Cristo, l’osservatore vede la nuca, le spalle e la tensione delle braccia di un corpo sospeso e sporto in avanti. Guardando con attenzione Cristo e la Croce notiamo come essi possano essere racchiusi all’interno di un triangolo capovolto, mentre le spalle e la schiena delle figura di Gesù delineano una circonferenza. Queste forme non vennero scelte a caso, ma con una fine preciso, in quanto per Dalì il triangolo e il cerchio erano la somma perfetta di tutte le esperienze metafisiche da lui sperimentate. Molte opere a soggetto religioso di Dalì risalgono agli anni ‘50 e ‘60; in quel periodo il maestro si avvicina alla fede cristiana, anche per lo sgomento causato dai tragici eventi della Seconda guerra mondiale.
DONNA GIRAFFA, 1973
La scultura rappresenta una donna che si trasforma in una morsa in chiaro riferimento di una condizione umana insondabile. Da questa condizione è possibile uscire solamente attraverso il risveglio, simboleggiato da un collo animalesco che tenta di sovrastare tutte le cose. L’immagine della donna smontabile, inoltre, che rivela il suo interno a cassetti, la donna stipo che si scompone in protuberanze sorrette da stampelle, è un’idea nata dalla riflessione sul valore delle teorie psicanalitiche di Freud.
LE CHRIST
Un’opera intensa che esprime l’angoscia verso il futuro e la redenzione dell’umanità sempre più lontana. Questo Cristo è stato realizzato da Dalì come proseguio del Cristo di Sann Juan de la Cruz. La Crocefissione incarna tutto il dolore di un artista verso un’umanità violentata e ferita dai drammi della guerra. Lo stesso volto del Cristo è privo di connotati realistici per evidenziare lo stato d’animo di un’anima errante che cerca confusamente una via d’uscita.
LA PERSISTENZA DELLA MEMORIA
Sensibile all’influsso di Sigmund Freud, Dalì qui riflette sulla relatività del tempo. Nell’opera sono raffigurati diversi oggetti, a testimonianza che il tempo non scorre nello stesso modo per tutti: un’ora è tanto per una formica ma è nulla per noi esseri umani. Ognuno ha una propria visione della vita e dei ricordi propri che vanno a ritmo diverso, come questi orologi molli e cremosi quanto un buon formaggio da gustare. Secondo l’interpretazione di Dalì non tutto può essere sempre calcolato e monitorato da strumenti tecnici come orologi e calendari, ma si devono considerare le emozioni, le sensazioni e l’esperienza umana. In questo modo viene messa in crisi l’oggettività del tempo. Salvador Dalì ha voluto rappresentare quella che è una vera e propria preoccupazione: il terrore del tempo che fugge. Per vivere a pieno il proprio tempo, bisogna avere un buon rapporto con se stessi e cercare di concentrarsi sul presente perché esso è l’unica cosa su cui l’uomo può esercitare la propria volontà.
SOGNO CAUSATO DAL VOLO DI UN’APE
Il quadro è ispirato al sogno che la moglie dell’artista, la modella Gala, stava facendo quando fu svegliata dal volo di un ape. Il ronzio dell’ape e la paura di essere punta svegliarono la donna. Il quadro è quindi il racconto visivo di questo passaggio dal mondo del sogno al momento del primo risveglio, momento in cui si è in grado di raccontare il sogno seppur in modo confuso. è il tema della metamorfosi traslato nel mondo della realtà dal lontano mondo inconscio delle allucinazioni. Quest’opera sia un esempio dell’influenza freudiana sull’arte surrealista e del tentativo di Dalí di esplorare il mondo dei sogni. Dalí fa derivare alcune immagini surrealiste del sogno delle sue opera dai film che aveva realizzato con Luis Buñuel e successivamente con Hitchcock. In particolare Hitchcock per il film “Io ti salverò” del 1945 cercava un modo nuovo di rappresentare i sogni: non più con la nebbia che confonde i contorni delle immagini, ma con “tratti netti e chiari”, contorni taglienti e immagini piene di luce.
L’APPARIZIONE, 1968
Nel 1951 il governo italiano commissiona a Salvador Dalì le illustrazioni per un’edizione speciale della Divina Commedia. L’artista lavora per 9 anni a questo progetto, realizzando cento acquerelli (tra cui questo), 33 per ogni cantina più uno di introduzione. Al centro di ogni opera c’è un personaggio o un evento significativo dal punto di vista della narrazione secondo la sensibilità di Dalì; egli fa proprio il messaggio di Dante e adopera questa analisi su di sè in un camminoo di espiazione. La trasposizione degli acquerelli in xilografia richiese oltre 4 anni per la realizzazione di ben 3000 lastre di legno destinate a imprimere in progressione numerica i trentacinque colori di ogni singola tavola.
ELEFANTE ROSA
All’interno di un paesaggio desertico un elefante dalle zampe lunghissime e sottili si staglia al centro dell’opera. L’animale è bardato con teli e finiture circensi. Sul terreno, una piccola figura umana tenta di affrontare il maestoso animale. Al centro del dipinto, sulla linea d’orizzonte, si coglie la sagoma di una struttura scura e simmetrica. Un triangolo a forma di piramide egizia sul quale si erge un’altra figura misteriosa. Contro il cielo, corre infine una sottile linee di montagne. La particolare figura ibrida degli elefanti di Dalí si basa su un contrasto formale tra massa pesante del corpo e sottili arti da insetto. Grazie a questa ibridazione, le creature di Dalì si muovono con leggerezza e trasmettono un senso di precarietà nell’equilibrio.
ENIGMA SENZA FINE
“L’enigma senza fine” è una cosiddetta “configurazione plurivoca” che offre addirittura sei possibili letture diverse. Dalì, in un gioco senza fine, riesce a far apparire e scomparire le sei immagini secondo il grado di attenzione e di disponibilità dell’osservatore. Le sei figure basculanti che si intravedono nel quadro sono: una donna di spalle accanto ad una barca; un uomo sdraiato con la testa poggiata sul braccio piegato; un busto, testa e spalle; un animale, forse un levriero; natura morta con mandolino e fruttiera ricolma di frutti; un cavallo sdraiato sulla tavola. Come se non bastasse, sulla destra, come se volasse, entra in scena il volto della donna dell’artista, Gala, con un turbante in testa, la sola forse capace di risolvere ogni enigma.
LE COSMONAUTE, 1969/70
Negli anni dello sbarco sulla Luna, Salvador Dalì riflette sulla concezione di un uomo alla conquista dell’universo. La figura umana è totalmente pervasa da un turbine di energia a simboleggiare le forze del cosmo che confluiscono nell’animo umano. Tutto è elemento che rimanda alla forza di propulsione e alla spinta necessaria per varcare i limiti della Terra mentre dal corpo del Cosmonauta escono lampi e fulmini a ricordare le cariche energetiche che lo associano al conquistatore indiscusso del Creato.