La cosmologia segnica di Donatella Pasin ci conduce, con piena consapevolezza, nei meandri di una dimensione poetica edulcorata dalle sonore vibrazioni del colore. La sua è una pittura dal gesto sicuro e dalla calligrafia netta, solenne. Allieva di Emilio Vedova all’Accademia di Belle Arti di Venezia ed espressionista astratta per convergenze esistenziali, Donatella trova nella simbiosi con il mondo un nuovo carattere d’urgenza espressiva. La pennellata si trasforma in morbido ricamo di una natura incontaminata, linfa vitale che scorre attraverso le trame del segno. La tavolozza è ricca di pigmenti che si prefiggono l’obiettivo di trasportarci nell’estasi della vita veicolando le nostre emozioni in un continuo viaggio nell’inconscio. Reale e onirico entrano in connessione perpetua proprio grazie alla fusione di dimensioni estetiche primarie che, dal mondo, filtrano silenziosamente in ciascuno di noi per non uscirne più. Osservando attentamente, sembra di poter scorgere un’insistenza gestuale nelle opere di Donatella: l’insistenza caratteriale di chi trova, nel colore, una sorta di rinascita continua fatta di spirali e vortici intrecciati da colpi sensuali per condurci al cospetto di un mare in tempesta. Siamo nudi di fronte a tutto ciò, indifesi di fronte ai colpi incessanti di un’emozione catartica provocata dal respiro della creazione. Sentiamo lo sguardo perdersi seguendo il ritmo costante della plasticità contorta e dinamica che si eterna in un istante d’infinito. Ed eccoci finalmente liberi, seppur frastornati e confusi, dopo il viaggio, tutto interiore, che le opere di Donatella Pasin provocano nel nostro io più profondo. Abbiamo attraversato il mondo e la natura nei suoi fiori, nei suoi frutti e nei suoi oceani di materia pittorica e ora ci chiediamo se potremmo mai ritornare ad essere noi stessi senza privazioni, senza contraddizioni. Se la pittura è in grado di esprimere le sensazioni più profonde ed esaustive dell’agire umano è proprio grazie a tutti quegli artisti che, come la Pasin, riescono a tramutare l’esperienza estetica in un abisso di esistenza archetipa. Solamente il vento più impetuoso dell’arte potrà salvarci da questo perderci in noi stessi, soli e alla scoperta di scogliere che si affacciano su oceani di magma pittorico. I viola, i rossi, i verdi diventano, nelle mani di Donatella, veicoli di significato ancestrale che induce a seguire le movenze del pennello come se ci trovassimo al cospetto di una danza antica, dolcissima e allo stesso tempo struggente. Scogliere di colore, pennellate d’esistenza, straniamento dell’anima e immersione nella natura: questa la pozione magica che ci permette di vivere le cromie di un’artista dalla vitalità indissolubile e che riesce, con i suoi vortici di luce, a riportarci al cospetto del mondo, spesso insondabile, di un’arte esistenzialista.