L’arte è trovare un sistema per cambiare: come l’uomo ha inventato la scodella per prendere l’acqua la prima volta. Così nasce la civiltà, dalla voglia di cambiare. Dopo la prima volta, la scodella è accademia. Fare un ponte di corde, fare un dio di legno, vincere una fatalità, un condizionamento, una paura. Quello che faccio è l’opposto della tecnica come ricerca, l’opposto della logica e della scienza.”

Pino Pascali nasce a Bari il 19 ottobre 1935. Il padre, funzionario di Polizia, viene trasferito con la moglie e il figlio in Albania, a Tirana, nel periodo 1940-1941. La guerra, vista da vicino, rimarrà fra le più forti impressioni infantili. Nel 1955 abbandona il Liceo Scientifico di Bari per andare a conseguire la maturità artistica a Napoli.


Nel 1956, si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Roma, al corso di scenografia tenuto da Toti Scialoja, maestro capace di attrarre completamente l’attenzione degli allievi, stimolati a riflettere non solo sul teatro, ma più in generale sull’arte figurativa, sulla letteratura e sulla filosofia contemporanee. Durante gli anni dell’Accademia comincia a frequentare gli artisti del Gruppo di Piazza del Popolo, come venne soprannominato da Lorenza Trucchi e Alberto Arbasino.

In quegli anni Pascali partecipa ad alcune collettive per giovani artisti: 1956, Mostra di Pittura dell’Istituto Tommaseo di Tivoli; 1956, Seconda Mostra “Pennello d’argento”, presso Circolo Culturale delle Vittorie di Roma; 1959, Mostra di Scenografia, II Festival dei Due Mondi a Spoleto. Amava il paradosso, l’anticonformismo, il gesto che avrebbe suscitato stupore; girava per Roma su una vecchia auto, sempre vestito di nero, vulcanico e insofferente alla regola; s’incantava davanti alle gabbie dello zoo e alle vetrine di giocattoli. Segue con attenzione l’attività culturale romana prendendo parte ai cicli di conferenze sull’arte contemporanea alla Galleria Nazionale di Arte Moderna.

Tra il 1960 e il 1964 produce opere new dada, dopo la sua morte in gran parte distrutte, dal padre, su desiderio del figlio, che si era sempre rifiutato di esporle. Plinio De Martiis, proprietario della Galleria La Tartaruga, gli è in questo momento vicino e lo introduce nella cerchia degli artisti. Risale al 5 gennaio 1965 la prima occasione espositiva del “nuovo” Pascali, che a Verona, presso la Galleria Ferrari, presenta Grande come un cucciolo, una specie di aspirapolvere-animale oggi distrutto. La vasta collettiva veronese si intitola “La critica e la giovane pittura italiana”; a presentare Pascali è Cesare Vivaldi, di cui il catalogo riproduce un testo del ’63 (La giovane scuola romana, apparso su “Il Verri”), in calce del quale una nota datata dicembre 1964 segnala la recentissima comparsa nel panorama artistico romana di due giovani, Ceroli e Pascali. Nel 1964 realizza cinque dipinti murali con scene di pesci, andati distrutti, nel Palazzo della F.A.O. di Roma.

Calvesi descrive l’universo di Pascali come un mondo “dove la fantasia (…) s’incontra con la forma. È la forma che, appropriandosi degli andamenti divaganti e rarefatti della favola, li traduce in una vistosa concretezza; è la forma che dà il suggello, con le sue linee scorrevoli ma chiuse, ad una realtà altrettanto scorrevole e chiusa: fluida e , appunto, favoleggiante, ma eccepita e offerta intera alla contemplazione, realtà dell’arte”.

La fantasia di Pascali non ha nulla di arbitrario, di irrazionale: è procedimento legittimo per il recupero di una spazialità che, anche solo per il fatto d’essere contestata e repressa dall’antistoricismo di principio della società dei consumi, si può a ben diritto definire storica: sì da potersi supporre che lo scopo ultimo di questo designer ribelle alle regole della fabbrica, e che indubbiamente opera nelle posizioni più avanzate dell’avanguardia sperimentale, sia ancora il riscatto, contro l’inflazione di segni e segnali della società dei consumi, di un’intrinseca storicità e strutturalità della forma”.

Espone allo Extra Stadt Museum di Wiesbaden; è presente alla XXXIV Biennale di Venezia con una sala personale. A Venezia si ribella alle imposizioni ideologiche degli studenti, alla recessione della Polizia e si rifiuta di chiudere la sua sala difendendo ad alta voce, in ore e ore di assemblea, il suo lavoro e il suo diritto a farlo conoscere.

È il gesto di chi viveva la contestazione nel ruolo mitico di un eroe dell’antichità. Gli altri adducevano le ragioni dell’impegno e della politica, Pascali, invece, rivendicava quelle del passato e dell’arte, attingendo la risposta ai conflitti del presente non nella concretezza delle cose, ma nell’assolutezza dei miti.

In ottobre, quando Pascali è già morto, giungerà il Premio Internazionale di Scultura, assegnatogli dalla Biennale: fu la sua consacrazione.

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Titolo: Salvador el matador del televisor
Cliente Algida, S.P.I.C.A
Prodotto: Cornetto Algida
Produzione: Saraceni
Anni di messa in onda: 1962 (Cicli 2,3)
Autori, realizzatori: Pino Pascali (Ideatore e disegnatore dei personaggi,scenografo, sceneggiatore)